L'antigastronomo

Arturo ed io

Arturo ed io siamo dei giovani che parlano comunque
di rivoluzione.
Ieri, come faccio da un po’ di anni
mi ero promesso di smettere una volta di considerarmi.
Svegliandomi volevo dire semplicemente cos’era
questo strano vivere inquieto e senza male.
Era anche ieri che all’angolo della strada
un criceto prigioniero bianco e rosa inseguiva
la propria immagine sul vetro senza stancarsi.

Conosco bene un amico a cui nel giorno do un volto
forte e risoluto e la notte parla di se stesso senza stancarsi.
Io che dormo sotto di lui ho la finestra alle spalle
e sono pronto a svegliarlo ogni giorno quando è giorno.
Oggi c’è che mi leverò tardi lasciando il letto disfatto
uscirò per la colazione e troverò il giornale tornando.
Le notizie sono sempre molto preoccupanti.
Uscendo, volontariamente cerco il sorriso del portiere
che continua con evidenza a mentirmi sul cattivo concetto
che ha della mia persona.
Tante volte accade che l’ora di pranzo passi senza attenzione.
Arturo ed io siamo dei giovani che parlano comunque
di rivoluzione.

Non c’è pomeriggio che non si discuta di noi
si legge qualcosa, si ascolta della buona musica fino a sera
e poi il cinema.
Oggi solo mille e cinquanta lire, comprese le sigarette
che mi avanzano per domani.
Alle due, al più tardi, io e Arturo siamo a letto.
Io che dormo sotto di lui ho la finestra alle spalle
e sono pronto a svegliarlo ogni giorno quando è giorno.
Arturo ed io siamo dei giovani che parlano comunque
di rivoluzione.

(Roma, 1970)