L'antigastronomo

3§. Cucina degli uomini, cucina delle donne

Se nel 1954 gli abbonati alla televisione in Italia sono circa 90.000, nel 1960 sono diventati più di 2 milioni; al televisore in casa s’è aggiunto il frigorifero e progressivamente anche il frullatore, il tostapane, lo spremiagrumi e le primissime pentole a pressione. 

Sulla fine del decennio l’Italia fa conoscenza con i primi supermercati, che seppure non riusciranno a sostituire del tutto il mercatino rionale o il dettagliante sotto casa, di certo sono, e lo saranno sempre più in seguito, una grande rivoluzione. La possibilità di servirsi da soli, l’acquisto di cibo non più sfuso ma preconfezionato, porzionato, surgelato e spesso precotto, porta a un cambio nelle abitudini di acquisto e del rapporto tradizionale con il cibo. Adesso l’acquisto, se non è compulsivo, è motivato dal desiderio indotto da altre ragioni che non sono più, o non solo quelle della mera necessità. Stiamo entrando nell’epoca del consumismo.

Nel 1959, quello che ormai è fra i classici della manualistica culinaria al femminile, Il Cucchiaio d’argento, si aggiorna ne Il nuovo cucchiaio d’argento, mentre ad istruire sulle buone maniere i nuovi arricchiti dal Boom ci pensa Donna Letizia, al secolo Colette Rosselli, pubblicando nel 1960 Il saper vivere, che avrà numerose edizioni ancora fino al 2007.

Fra il 1960 e il 1970, le pubblicazioni firmate da gastronomi e operatori ad alto livello di cucina trovano sempre più spazio nel mercato editoriale del genere. 

Il sodalizio di Luigi Veronelli con Luigi Carnacina, a lungo attivo come maître d’hótel nei più grandi alberghi e ristoranti internazionali, porta alla pubblicazione nel 1960 de La grande cucina e, sei anni dopo, de La cucina rustica regionale. Nel 1961 esce Il Carnacina, che vede impegnato il grande maestro nella raccolta e ricreazione degli sparsi frammenti della cucina borghese italiana, con una attenzione maggiore alle salse, agli antipasti, le verdure, le uova, fino ad ora oscurate da pastasciutte, minestre, carni e dolci.

I favolosi Sessanta sono attraversati da una grande passione per gli antipasti, le insalate e i piatti freddi. Fa “moderno” preparare e offrire l’insalata russa o i “messicani”, involtini di prosciutto cotto farciti di mozzarella e passati nel burro e salvia, i cocktail di scampi o le uova in salsa aurora; una salsa questa che spopola, in compagnia, naturalmente, della intramontabile maionese e della vellutata besciamella. 

A documentare i nuovi spazi abitativi, nella disposizione dei mobili e negli arredi, e i cambiamenti del gusto in cucina e a tavola, restano i sei volumi riccamente illustrati di Casa e cucina, opera collettiva edita dalla Fabbri editore nel 1964. L’anno dopo, con la benedizione di Luigi Veronelli che ne scrive la prefazione, la Vallardi pubblica Millericette della contessa Erina Gavotti, un repertorio di preparazioni classiche della tradizione gastronomica italiana.

Correttivo a tanta modernità corrente, e insieme riproposizione autorevole della tipicità, si direbbe oggi, legata al territorio, è il ponderoso volume Le ricette regionali italiane del 1967, destinato a restare la bibbia della cucina della tradizione regionale italiana. L’autrice è Anna Gosetti della Salda, che dal 1952 ha ripreso la pubblicazione e le redini della storica rivista “La Cucina Italiana”, portandola a nuovi successi grazie alla fattiva collaborazione delle sorelle Fernanda e Guglielmina.

Quale evoluzione abbia avuto la comunicazione promozionale, che nei tempi precedenti abbiamo visto assolvere dalle pubblicazioni omaggio della Liebig o della Cirio, lo dimostra il fenomeno Lisa Biondi, non una persona in carne ed ossa ma un’idea di marketing studiata dalla multinazionale alimentare Van den Berg per vendere il suo grasso vegetale, la margarina Gradina. 

Sono almeno tre le gastronome conosciute che si sono avvicendate, a iniziare dalla metà degli anni Sessanta fino ai giorni nostri, nel “servizio Lisa Biondi”, tutte attente ad aggiornare costantemente consigli e ricette ai rapidi mutamenti sociali e tecnologici. Ma in questo insuperata resta Elena Spagnol, nella cui vasta bibliografia, a iniziare da Il contaminuti: libro di cucina per la donna che lavora del 1967, primeggiano il facile, il presto e bene, il superveloce, l’istantaneo, per arrivare a Piatti veloci che riescono sempre, ma questo titolo ci porta già nel secondo millennio.

Negli anni Settanta, a scrivere ricette ci si mettono anche gli attori; nel 1970 esce per Mondadori La pastasciutta di Aldo Fabrizi e l’anno dopo In cucina con amore di Sofia Scicolone Loren, ristampato ancora nel ’74 e nell’85. 

Il 29 novembre del ’72, causa l’aumento del prezzo del petrolio, il governo italiano decreta l’austerity; in alcuni giorni della settimana vige il divieto di circolazione per i veicoli a motore e viene anticipata la chiusura dei locali notturni e dei programmi televisivi. Meno di due anni dopo ecco la Cucina in austerity di Luigi Carnacina in coppia con Lia Cantoni Buonassisi. La signora è la consorte di Vincenzo Buonassisi, altro giornalista versato in gastronomia che, proponendola al maestro come coautrice, opera un avvicinamento fra una “massaia” borghese e un operatore riconosciuto per l’alta professionalità. 

Ma a trovare una conciliazione fra la figura del gastronomo e la massaia, quella popolare, è la televisione nel 1974 con la trasmissione “A tavola alle 7”, dove all’intellettuale Veronelli, puntiglioso e saputo nelle sue osservazioni, viene affiancata la figura materna e bonaria dell’attrice Ave Ninchi, la cui fisicità evoca bene il personaggio del ruolo: quello della donna di casa eterna custode del focolare e dei fornelli domestici. 

Proprio quando sembra che i gastronomi stiano vincendo la partita ai fornelli con le padrone di casa, e che la cucina del facile, presto e bene abbia spazzato via la cucina della tradizione domestica, ecco apparire la figura di un’autentica massaia emiliana, una arzdôra, Edmea Ordinanzi. Con i suoi cappelletti alla Certosa di Pavia, un elaboratissimo piatto che richiede ben cinque ore di preparazione, vince nel 1972 il concorso indetto dal quotidiano inglese “Sunday Times” per il miglior cuoco d’Europa (The best Coock in Europe). Tre anni dopo, l’Edmea firma un ricettario che ricorda nel titolo il suo successo: è lei Il miglior cuoco d’Europa.

Da: Giuseppe Lo Russo, La cucina delle donne. Un secolo di ricettari femminili nella storia italiana, Giunti Editore, data di pubblicazione al momento non dichiarata dall’editore.