L'antigastronomo

Transiit classificando

Sume et lege. Apri dunque questo libro. Ma se con l’indice scorri il gioco all’interno esatto fra il dorsino e il quadrante, su su lungo le alette fino all’ultima fettuccia che come un ponte di confine unisce i fogli di sguardia al verso del piatto appena prima dello spigolo interno del taglio superiore; se prudentemente fai leva sull’unghino per scostarlo e scoprire il capitello, se alla fine avrai compiuto con cura tutto il viaggio e sai guardare senza impazienza, nel soffietto costruito in tenera garza vedrai guizzare un pesciolino d’argento: un lepisma.

Nel divino progetto, a lui solo e alla sua razza in perpetuo è affidato questo libro, tutti i libri, manoscritti e a stampa, e questo foglio anche.

La memoria biologica del suo ventre porta segnata dal primo rotolo di papiro ogni scrittura e carattere, dalla semplice eleganza della latina capitale all’onciale, all’umanistica aldina. I suoi avi lontani aravano diligentemente campi di rare pergamene purpuree, quando già i nonni s’erano cibati del grasso pimento degli atramentari, prima che filoni e vergelle trattenessero una singolare mescolanza d’acqua e di stracci e apparecchiassero così per gli eredi una ghiotta polenta.

Intanto, ciò nonostante, con religioso zelo ed orgoglioso presentire, su quell’effimero impasto si narravano meravigliose cronache, si miniavano piccole figure negli incipit dei messali in gotico corale, si eternava il poco scampato al fuoco di una memorabile Alessandria. Da allora, capitelli, finalini, occhielli, perfino l’inappetibile colophon furono cibo adeguato al loro sostentamento.

Ora, seppure con altri occhi studiosi e altri indici scorri i libri e trovi felicemente per ognuno la sua classe e unisci notazioni e internamente godi che dietro la teoria dei numeri escogitata si nascondono i continenti, la vita di Aurobindo, il lamantino e la lirica T’ang…seppure, dico, con altri occhi tu guardi, ricorda questo coscienzioso insetto che ha già posto la sua discendenza proprio lì nel soffietto fra i due dorsi. 

Senza fretta, discretamente, la sua progenie arriverà a nutrirsi anche di quell’indice segnato sulla costa; foss’anche per un solo zero e il libro si troverà perduto nuovamente nel grande mare omnium materiarum.

Questo, in ultimo – è il mio augurio – t’insegni per una volta a dimenticare le aree, le tavole, gli schemi e ad avere più riguardo del pesciolino d’argento.

Firenze, 30 luglio 1986